Leggendo Muto Carcere

A marzo di quest’anno, per Einaudi, è uscito il libro di poesie di Alessandro Fo, Filo Spinato, all’interno una raccolta è dedica all’esperienza vissuta come volontario negli istituti di pena, Muto carcere.

Come Alessendro Fo scrive in Un appunto, alla fine del libro, “Muto carcere trova radice in un’esperienza di volontariato culturale in istituti di pena. È un universo – così privo di voce nella comune, quotidiana percezione della vita – con cui sono entrato in contatto casualmente, per le pressioni di una diletta ex allieva, Caterina Dreassi, che desiderava tenessi qualche lezione ai suoi assistiti in San Gimignano. Ma, una volta conosciuta questa realtà, non ho più potuto allontanarmene. Qualunque forma di indifferenza o di pregiudizio si possa nutrire in merito, resta il fatto che e un mondo in cui si vivono (spesso ingiustamente, anche quando la pena e meritata) condizioni estreme – e nel quale il conforto della letteratura, dell’arte, insomma della bellezza (oltre che di una qualche forma di vicinanza umana), ha una sua notevole importanza”.

Così, le poesie sono diventate stimolo per trovare delle affinità con il lavoro fotografico che ho svolto in questi anni all’interno della casa circondariale di Siena. Un modo nuovo di leggere le fotografie scattate negli anni, un modo dove intrecciare immagini. e parole

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E poi alla fine mi concessero i libri.
Libri per modo di dire. Biblioteca
dell’Isolamento.
Carta straccia, vecchi, senza più la copertina, romanzi fatti a pezzi, che attaccano
da dove capitava.
Ma quando ho avuto i libri
— non la televisione: proprio i libri dico —
quei libri putrefatti, sbrindellati,
be’, su quei libri, per la felicità, io ho pianto.

da Semilibero

Fra bilancieri, panche e scalcagnate
cyclettes che ‘fuori’ furono scartate,
lo stesso spazio funge da «palestra».

da Grammatica non euclidea

Così, anche solo scambiarsi il saluto….
Mi piace… Mi fa sentire integrato.
Sto riacquistando la misura della vita.

da Semilibro

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