TOCCHEREBBE ALL’EUROPA

«Il mio paese non è una valigia», dice un celebre verso del più famoso poeta palestinese, Mahmoud Darwish, nato prima della Nakba del 1948. «La mia casa invece è una valigia», mi dice Ghayath Almadhoun, poeta palestinese quarantenne – amico, prima di parole, poi di persona. Nato in un campo profughi di Damasco, Ghayath è ora cittadino svedese, ma la sua famiglia è stata espulsa due volte. Ghayath mi guarda, e sorride. Mi legge una sua poesia, che si chiama “Israele”. «Senza Israele, mio padre non sarebbe stato espulso dalla Palestina / Non sarebbe scappato in Siria / Non avrebbe mai incontrato mia madre / E io non sarei qui, ora / E tu non saresti la mia amante». Sull’aereo, una volta liberato dalla polizia di frontiera, ci penso. È vero, è tutto terribilmente semplice. «Noi palestinesi paghiamo le colpe dell’orrore europeo della Shoah», mi ha detto Ghayath. «Toccherebbe all’Europa cercare di mediare, per aiutare la Palestina a ritrovare una dignità». Già, l’Europa. Quale Europa?, penso.
di GIUSEPPE CATOZZELLA
“Nell’abisso della Palestina: viaggio di uno scrittore nel “buco nero del mondo”
26 novembre 2018 L’espresso
MILANO 25 APRILE 2015
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