Trasporto pubblico malgrado tutto

di Marco Ambra, co-redattore de lavoroculturale.org
Ha scritto Georges Didi-Huberman, a proposito della testimonianza iconografica relativa alla Shoah, che il nostro rapporto con le immagini è mediato da sentimenti smisurati. Rispetto ad esse ci polarizziamo: o chiediamo troppo, le trattiamo come documenti statici e occasionalmente fruibili – cancellandone specificità e originalità – oppure troppo poco, le releghiamo nella sfera del simulacro estromettendole in questo modo dal contesto storico in cui orientano il proprio senso. L’oscillazione tra simulacro e documento, tra idea fattizia e idea avventizia, cui sarebbero soggette le immagini catturate dalla macchina fotografica è il modo in cui lo storicismo, per il filosofo francese, “riesce a fabbricarsi il proprio inimmaginabile” 1.
È scommettendo contro questo inimmaginabile che Samuele Mancini e Alessio Duranti hanno voluto fotografare il trasporto pubblico senese. I loro scatti intersecano il particolare, l’inesatto, la sfumatura, sfuggendo in questo modo alla doppia riduzione delle immagini a documenti o a simulacri. Così la macchina fotografica si mette a lavoro tra le mani di un autista sul volante, fiancate di autobus in movimento, meccanici inghiottiti dal cuore pulsante dei grossi veicoli, dal motore. Ma nulla cade nella fissità, niente sfuma in orpello. Tutto si mantiene su un alone di imprecisione, di non definitivo, di aperto che è l’unica via per raccontare senza riduzioni o pleonasmi una realtà plurale.
Quello che dovrebbe colpire il fruitore di queste immagini è quindi il rispettoso lavoro di ricognizione svolto dai due fotografi sulla complessa molteplicità di una forma di vita, quella del trasporto pubblico locale, nella propria resiliente quotidianità. Il risultato di questo viaggio per immagini non è la rappresentazione di una serie di momenti o individui iconici, come nel caso del sentimento di serialità suscitato dalla carrellata di sedili ugualmente reclinati immortalati dall’altezza del posto guida dell’autobus, ma il ritmico pulsare di una comunità di pratiche, di un insieme.
Ecco, è questo il punto, la cifra di queste immagini. Si tratta di raccontare il lavoro degli operatori del trasporto pubblico, di esprimere questa forma di vita, nella serializzazione e liquefazione del Lavoro, quello con la “L” maiuscola analizzato da sociologi e filosofi.
O meglio, di rappresentare il trasporto pubblico malgrado tutto, di raccontare il lavoro malgrado l’inimmaginabile.