La Democrazia del Bianco e Nero

di Nicola Patti per Atramente. Scuola per tutti. 17/07/2012

Per Vasilij Kandinskij, il bianco e il nero non sono colori. Per Alessio Duranti invece, sono un mezzo di democratizzazione dei colori. Le sue foto, quasi esclusivamente realizzate in b/n, si concentrano sulle forme e sulla luce, senza risultare vittima della tirannia cromatica. Si potrebbe ovviamente vedere in una scelta così drastica e “rigida”, una tendenza a darsi un tono, una volontà un po’ snob e un po’ intellettualoide di distaccarsi dalla massa.

Tale considerazione però risulterebbe decisamente superficiale, visti temi, le storie che stanno dietro le foto di Alessio: se si vuole mostrare un mare al tramonto, un bosco in autunno, dei papaveri in un campo di grano, il colore è un obbligo, o meglio, una naturale e spontanea opzione; se invece il soggetto delle foto saranno delle storie, dei racconti di vita, degli spaccati del quotidiano si può, e forse si deve, rivolgersi al bianco e al nero, che nella grammatica dell’immagine, trasformano l’istante in un atto di narrazione.

Questa è stata la scelta di Duranti, che ha voluto immortalare operai, anziani, partigiani, bambini e pecore in una serie di momenti, uniti insieme dal bianco e dal nero, e dalla sua forte volontà di mostrare le persone vere, quelle che ogni giorno ci passano accanto, quelle che non sono ne in basso ne in alto, quelle che non sono diverse da noi e proprio per questo ci raccontano di ogni forma di diversità. Senza colori, non veniamo distratti dal pigro verde, dall’intenso rosso, dall’accecante giallo, dall’infinito blu.

La luce e la forma ci guidano dentro l’immagine, le ombre invece sfumano i confini della foto, dandoci a volte l’impressione che la foto non sia tutta lì, che noi ne facciamo parte, che noi stessi potremmo essere i prossimi soggetti di una foto di Alessio. Tutti si nasce con un talento, più o meno sviluppato, e con molte passioni. Quando queste coincidono, avvengono piccoli, minuscoli miracoli del quotidiano. Non fraintendetemi, questa non è un’agiografia del mio amico Duranti, è una semplice descrizione di quello che provo di fronte alle sue foto.

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